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Il mentoring. Una guida saggia, un modello positivo a cui ispirarsi per crescere – anche nel rugby

Di Leonardo Piva

“Dimmi Francois, qual’è la tua filosofia della leadership? Tu come ispiri la tua squadra a dare il meglio?” chiede Nelson Mandela, nella scena centrale del film Invictus, al capitano della nazionale sudafricana di rugby che si accinge ad affrontare i favoritissimi neozelandesi nella finale del Campionato del Mondo in Sudafrica.

Mandela sa che gli Springboks dovranno superare se stessi per battere i favoriti All Blacks e realizzare non solo il loro sogno di vincere la Coppa del Mondo, ma anche quello, del Presidente in primis, di vedere tutto il popolo sudafricano, senza distinzione di razza, gioire unito sotto un’unica bandiera. Per questo, Mandela ha invitato il capitano a prendere un thè nel riservatissimo salottino del palazzo presidenziale.

“Con l’esempio, ho sempre dato l’esempio per guidarli” risponde Francois.

“Questo è giusto. Ma come fare a renderli migliori di quanto loro credono di essere? E’ questo che io trovo difficile” confessa Mandela.

E’ sostanzialmente la stessa domanda che si pone chiunque avvicini il mondo ovale come allenatore, interrogandosi su come favorire nei ragazzi l’emersione di tutte le potenzialità, e su come fare in modo che il rugby diventi l’occasione per renderli consapevoli di una crescita sportiva e personale di cui essi stessi si sentano protagonisti.

La risposta può essere nell’adottare un approccio di Mentoring, dentro e fuori dal campo.

Il Mentore (personaggio mitologico dell’antica Grecia) è una sorta di consigliere fidato, una guida saggia, un modello positivo ma comunque senza legami gerarchici con il Mentee.

Il Mentore si pone a fianco del Mentee per facilitarne l’orientamento all’interno dei processi organizzativi dell’azienda, al fine di reperire più velocemente le informazioni di cui ha bisogno per realizzare i propri obiettivi (il Project Work nel caso specifico di Managerial Paths).
E’ colui che “fa luce” sulle dimensioni che il Mentee deve costantemente allenare: la dimensione tecnica (la consapevolezza di doversi tenere professionalmente aggiornato); la dimensione mentale (il problem solving, la gestione del tempo, l’organizzazione delle proprie attività); la dimensione emotiva (la relazione con i propri stakeholders).

L’attività di Mentoring trova i suoi presupposti fondamentali nello stabilire tra Mentore e Mentee una relazione facilitante, basata sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla sincerità perchè non si giudica la prestazione ma si cerca di favorire la spinta ad agire, compresa la capacità di prendersi dei rischi.

Una relazione che nasce e si costruisce in un ambiente protetto perchè nulla trapela al di fuori delle quattro mura in cui i due s’incontrano non a cadenza prefissata ma ogni qualvolta il Mentee ne senta il bisogno.

Una relazione dove il Mentore aiuta a fissare gli obiettivi, cerca di far apprendere piuttosto che di impartire insegnamenti, tenta di liberare le potenzialità del Mentee e di portare al massimo il suo rendimento lasciandolo libero di fare la scelta finale e di sbagliare, se ciò serve a farlo crescere, ma sempre pronto ad re-indirizzarlo, a suggerire e soprattutto ad ascoltarlo per trovare insieme a lui le soluzioni alternative per ripartire.

Una relazione dove il Mentee porta i propri problemi, i propri sogni, le proprie ambizioni ed il Mentore utilizza esempi di successo ed insuccesso anche personali (storytelling) sia per suffragare la bontà delle eventuali soluzioni trovate sia per ispirare il Mentee fornendogli quell’energia mentale ed emotiva che gli consente di trovare fiducia in se stesso e gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Nel colloquio a tu per tu con Francois, messo a proprio agio da una fumante tazza di thè nel salottino protetto del palazzo presidenziale, il presidente Mandela, splendido esempio di mentore del Capitano della nazionale di rugby sudafricana che vincerà la finale contro i neozelandesi, e indiscutibile leader di un’intera nazione che vince l’apartheid, così risponde alla domanda, su come fare per rendere i componenti di una squadra migliori di quanto loro credono di essere: “Con l’ispirazione è possibile.” “Ma”, continua subito dopo “come facciamo ad ispirare quelli che ci circondano?. “A volte credo che la risposta sia nel lavoro di altri. …..Io ricordo quando m’invitarono alle Olimpiadi del ’92 a Barcellona: tutti i presenti allo stadio mi accolsero con una canzone (l’inno nazionale Sudafricano). A quei tempi il nostro futuro sembrava molto fosco ma a sentire quella canzone intonata dalle voci di persone provenienti da tutto il pianeta, mi fece sentire orgoglioso di essere Sudafricano, mi diede l’ispirazione di tornare a casa e fare meglio. E m’incoraggiò a pretendere di più da me stesso”.

Abbiamo bisogno d’ispirazione Francois, perchè per poter costruire la nostra nazione dobbiamo tutti cercare di superare le nostre aspettative.”

Ecco, il cuore dell’attività di un Mentore sta tutta in queste parole ed in questi comportamenti.

Per costruire un futuro migliore dovremmo tutti imparare ad essere dei Mentori verso qualcuno con cui stiamo lavorando e, in una sorta di circolo virtuoso, cercare d’ispirare l’azione di chi sta intorno a  noi, per fare emergere, soprattutto nei più giovani, quel coraggio, quella passione e quel talento rimasti inespressi ma capaci, una volta manifestatisi, di spezzare la routine quotidiana e di cambiare e migliorare il nostro mondo.

“Non costa nulla e fa la differenza. E vi rende leader” ha scritto una collega Mentore..

Ma anche voi, più giovani, non abbiate paura di chiedere consigli, non abbiate imbarazzo nel cercare aiuto per essere guidati a far meglio, per crescere come atleti, come squadra ma anche come uomini, “per diventare voi stessi Mentori generosi di altri”.

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